La via della Bora

L’ARTE DELLA FUGA NEL GIARDINO DI CASA:
Siamo per andare sulle tracce di un viaggiatore munito di un bastone, un tascapane, un vecchio pullover e una penna vagabonda. Materiali di altre vite, echi di storie narrate in altri libri.
Paolo Rumiz li ha portati addosso e da essi si è fatto portare, verso Sudest e lungo la direttrice dei Balcani e dell’Adriatico, nel ciclo di articoli/racconti pubblicati a ottobre dal Piccolo e che oggi vi proponiamo in questo libriccino.
Diminutivo da applicare alle dimensioni, non certo all’impresa che contiene. Viaggiatore instancabile che sempre torna a Trieste come un marinaio al suo porto, Rumiz paga una insanabile passione per la sua città (come specularmente tanti altri triestini non la sanno amare).
E allora ecco che il viaggio per tappe che ha dipanato nella torrida estate del 2011 da Trieste a capo Promontore, così come nel settembre scorso alla volta di Cherso e in quel selvaggio mondo fuoriporta che ha nome Ciceria, ci aiutano a percorrere non solo strade e paesaggi, ma anche a riannodare i fili multicolori della storia.
Ci aiuta a ritrovare luoghi familiari, anzi domestici e che sono stati separati da Trieste per via di umane follie, declinate per guerre e armistizi, tregue delle armi e politiche battaglie lunghe decenni.
Rumiz ricuce passo dopo passo la ferita chiamata confine, con l'andare senza fretta di chi non viaggia per arrivare da qualche parte ma piuttosto per incontrare quel che trova lungo il suo cammino.
Lo ha fatto con il reportage in Istria lo scorso anno e ce lo ridona con le tessere del domino messe assieme in questo libro. Un manuale utile per camminare insieme, con lo spirito di chi sa guardare l'orizzonte.
Sono sicuro infatti che Rumiz solo in parte sarebbe d'accordo con Guy de Maupassant, quando afferma che "il viaggio è una specie di porta attraverso la quale si esce dalla realtà come per penetrare in una realtà inesplorata che sembra un sogno".

PAOLO POSSAMAI